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- Marzo 10, 2018
Uno sguardo d’insieme
Nel 2015 l’area romana, tra le città metropolitane nazionali, si collocava al 2° posto dopo l’area di Milano per dimensione del valore aggiunto complessivo prodotto (133.718 milioni di euro, pari al 9,6% del valore aggiunto complessivo nazionale); al 3° posto per livello di valore aggiunto pro-capite prodotto (30.802 euro per residente, dopo le aree di Milano e Bologna); al penultimo posto per la quota di incidenza del settore manifatturiero (9%) nella formazione del valore aggiunto complessivo locale, nettamente distanziata dalle aree di Firenze e Bologna (per entrambe 22,2%) e Torino (21,1%); al terz’ultimo posto per la quota di incidenza del settore delle costruzioni (3,5%) e al 2° posto per la quota di incidenza dell’insieme dei settori dei servizi (87,1%), preceduta dall’area di Reggio Calabria (87,9%).
Roma, quindi, rappresenta una quota di rilievo dell’economia nazionale (quasi il 10%) in cui il settore terziario risulta dominante (87% del totale, un valore che supera di quasi 15 punti il dato medio italiano).
Tuttavia, nonostante prevalgano le attività terziarie, sia private che pubbliche, caratterizzate in larga parte da bassa produttività e limitato grado di innovazione, Roma presenta un notevole livello di specializzazione in diversi settori manifatturieri (in particolare, nell’aerospazio, nel chimico-farmaceutico, nelle industrie del petrolio e degli armamenti, nell’industria energetica, nell’elettronica e nei computer) e in alcuni settori del terziario (trasporto aereo, telecomunicazioni, industrie culturali) ove è forte la presenza di grandi imprese (quali ad esempio Alitalia, Telecom-Tim, Enel, Acea, Rai, Poste italiane…). Forte specializzazione caratterizza anche i servizi alle imprese, le attività museali e legate allo spettacolo e all’arte, il software e l’informatica, l’intermediazione finanziaria e la compravendita di immobili e persino nel settore pubblico sono presenti importanti competenze (istruzione universitaria e di ricerca scientifica, conservazione e gestione del patrimonio culturale).
L’economia romana, quindi, è caratterizzata da una sorta di dualismo tra settori a elevata specializzazione, che rappresentano circa un terzo del totale, e settori più tradizionali e meno competitivi. Tra questi, il turismo rappresenta una realtà a parte,
di assoluto rilievo economico, che colloca Roma al primo posto in Italia come numero di arrivi nelle strutture ricettive. Nel 2014, secondo i dati Istat, si sono registrati 9.180.620 arrivi e 26.055.239 presenze, pari rispettivamente all’8,6% di tutti gli arrivi nel nostro Paese e al 6,9% di tutte le presenze.
La struttura occupazionale romana, riflettendo la distribuzione settoriale del valore aggiunto, si caratterizza anch’essa per una marcata prevalenza del terziario. L’87% degli occupati si colloca in attività economiche incluse nei servizi, una percentuale ben maggiore di quelle rilevate a livello nazionale che si collocano poco al di sotto del 70%. La quota di occupati nella Pubblica Amministrazione è rilevante, intorno al 24%, superiore di oltre 5 punti percentuali a quella nazionale. Di rilievo, però, anche la quota di occupati in alcuni dei settori terziari a maggiore qualificazione, pari al 19%. Nell’industria in senso stretto opera il 7% dell’occupazione totale, un valore significativamente inferiore al dato nazionale.
Nel complesso, gli occupati nel 2015 sono quasi un milione e 800mila nella città metropolitana di Roma.
L’evoluzione produttiva e occupazionale dell’area romana dagli anni ’90 al 2015
Dalla fine degli anni ’90 e fino all’avvento della Grande Crisi del 2008 l’area romana aveva sperimentato una fase di forte espansione del valore aggiunto complessivo (+10% tra il 2003 e il 2007). Un fattore propulsivo importante è stato certamente il Giubileo del 2000 (su cui fu attivato un ampio programma di interventi pubblici ben definiti e finanziati) ma anche la buona performance dei comparti ad elevata specializzazione di cui si è detto favoriti da un insieme di politiche e scelte ottimali di localizzazione.
La lunga fase recessiva del nostro Paese iniziata nel 2008 e terminata nel 2014 ha fatto arretrare di molti punti percentuali l’economia romana, addirittura più di quella nazionale. La presenza così marcata del settore terziario (in particolare, pubblico), notoriamente meno esposto alle fluttuazioni del ciclo economico rispetto all’industria, che caratterizza da decenni l’economia romana, non ha impedito alla Grande Crisi di esercitare un forte impatto recessivo che si è prolungato per molti anni. Anzi, per una serie di fattori (tra cui il principale è la politica di contenimento della spesa per retribuzioni e occupazione nella pubblica amministrazione) a Roma la caduta del settore dei servizi è stata più accentuata di quella nazionale. Inoltre, la recessione dell’economia romana ha patito fortemente la contrazione degli investimenti pubblici conseguente alle politiche di riequilibrio finanziario degli enti locali poco orientate ai tagli di spesa corrente. Nel 2015 il livello del valore aggiunto totale risultava inferiore del 5% rispetto al dato ante crisi (2007). L’impatto recessivo complessivo è stato comunque attenuato da una caduta dell’industria in senso stretto meno forte rispetto a quella nazionale che si è trasformata addirittura in una ripresa negli anni più recenti, mentre le costruzioni hanno mostrato un vero e proprio crollo. Al netto delle variazioni demografiche, la riduzione del valore aggiunto pro-capite è stata ancora più consistente: nel 2015 risultava un gap del 15% rispetto al 2007.
In linea con l’evoluzione del ciclo economico, fra il 2008 e il 2015 l’andamento dell’occupazione nell’area romana ha visto fasi di moderato restringimento della base occupazionale e fasi più recenti contraddistinte da una parziale ripresa. L’ammontare complessivo degli occupati fra i due anni di riferimento è comunque cresciuto. I settori che hanno sofferto maggiormente la crisi occupazionale nel periodo osservato sono stati l’industria (-17,1%, pari a -25mila persone), i trasporti (-13,8%, pari a -16mila persone), l’edilizia (-10%, pari a -10mila persone) e in misura più limitata il commercio (-1,9%, pari a -4mila persone). Fra i comparti in attivo si segnalano le attività di cura, i servizi personali e collettivi e gli alberghi e ristoranti (rispettivamente +42,2% e +37,4%), ossia attività economiche generalmente a bassa qualificazione del lavoro e spesso svolte da lavoratori stranieri. Si registrano incrementi positivi anche in settori che mediamente vantano un’occupazione con profili professionali più qualificati quali i servizi alle imprese (+22,6%), le attività finanziare e assicurative (+16,7%) e i servizi di comunicazione (+13,2%).
La dinamicità dei segmenti produttivi che operano nell’ambito dei servizi più evoluti e specializzati appartenenti al terziario avanzato ha trainato l’occupazione con livelli e competenze particolarmente elevate. La maggiore diffusione di queste tipologie di occupazione trova riscontro nei livelli di istruzione degli occupati romani, fra i quali il peso dei titoli di studio più alti è visibilmente superiore a quello rilevato nella media nazionale. Accanto a queste tipologie di impiego ad alta professionalizzazione, come accennato in precedenza, sussiste tuttavia a Roma una vasta area di attività che utilizza figure professionali con scarsa qualificazione, tra cui le attività di servizio alle famiglie, i servizi di manutenzione e pulizia degli impianti e degli uffici, il facchinaggio…
Anche dal lato dell’occupazione, si conferma, quindi, il dualismo dell’economia romana fra settori moderni ed efficienti in espansione e settori più arretrati in cui la produttività è bassa e, in corrispondenza, le condizioni di lavoro più deboli.
Le tendenze più recenti
A partire dal 2015 l’economia italiana ha mostrato una ripresa che si è andata rafforzando progressivamente e che nel 2017 ha portato ad una crescita del Pil dell’1,5%. Anche l’economia di Roma è tornata a crescere. La performance è spiegata soprattutto dai settori più innovativi: aerospazio e chimico-farmaceutico, servizi alle imprese, in particolare nell’Ict. Anche il turismo esercita un ruolo importante, con un aumento delle presenze straniere nell’area romana.
L’occupazione nel complesso ne ha beneficiato: è aumentata dell’1,8 per cento fra il 2014 e il 2016 e nel 2017 la tendenza positiva si è ulteriormente rafforzata. Tuttavia, l’aumento dell’occupazione, risultato in linea con quello del valore aggiunto, non ha lasciato spazio ad alcun accrescimento della produttività, anzi in molti dei settori più tradizionali del terziario si è registrata una significativa riduzione, accentuando il carattere dualistico dell’aggiustamento produttivo che costituisce il nodo di fondo dell’economia urbana.
Infatti, nei settori aperti alla concorrenza l’equilibrio tra bassa produttività e basso valore aggiunto si basa su basse retribuzioni e precarietà, con le ovvie conseguenze sul piano delle disuguaglianze sociali. Nei settori protetti dalla concorrenza sia pubblici che privati l’equilibrio evidenzia la presenza di una rendita di posizione (perpetrata da regolamentazioni pubbliche, influenza dei sindacati, funzioni uniche al mondo in merito a beni archeologici o religiosi, elevati prezzi di mercato per l’utilizzo di terreni e immobili) il cui costo viene addossato al resto dell’economia urbana, determinando un freno allo sviluppo dell’intera area.
Le informazioni sono tratte dall’articolo di Luigi Gentili “Roma industriale. Il crescente dualismo dell’economia”, intervista a Marco Causi su Economia h24ore del 22 novembre 2017 e dal documento “Analisi del contesto economico di Roma e benchmark con le best practice europee”, a cura del Ministero dello Sviluppo economico, 2017.
Dossier Roma
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